Salvatore torni a Siracusa come artista ma anche come curatore. Dopo W Santa Lucia – La sua luce è nell’ombra, Bicycle wheels – Omaggio a Duchamp hai ideato Giardino Globale – Luoghi diffusi in Ortigia, come nasce l’idea per questo progetto e come si lega ai tuoi studi sull’antropologia?
Sono stato sempre affascinato dal lavoro del curatore e ho sempre pensato che l’artista prima di fare una mostra debba sapersi curare ahahah, un modo di dire: prima di aiutare gli altri devi volerti bene. Infatti quando avevo 22 anni, andando contro corrente, chi diceva o fai l’artista oppure il curatore, io ho voluto formarmi come curatore oltre al mio percorso d’artista, ho preso un master con l’ex Associazione Culturale Futuro di Costantino D’Orazio e Ludovico Pratesi, un specializzazione in ufficio stampa e un secondo master in tecnica di guerriglia urbana alla fondazione Adriano Olivetti. All’inizio è stato duro affermare queste due personalità, ma dopo tanti piccoli successi, come Box fondato insieme ad Anna Milano e i tempi maturi dove molti artisti affermati davano fantasia alle loro curatele esempio Stefano Cagol, Martino Gamper, Olafur Nicolai, ecc, ho capito che ero stato soltanto un pioniere, mi è piaciuto la definizione che mi era stata data al Palazzo dell’Esposizioni per un convegno cui ero stato invitato, la relatrice era Alessandra Troncone che disse che ero un artista curatore anarchico, bella questa definizione. Sono tornato a Siracusa dopo la mia personale retrospettiva di lavori di 8 anni dedicati alla luce a cura di Domenico Scudero: mi sono voluto trasferire a Siracusa, mia città natale, e da li sono iniziate a nascere le mie idee come artista e curatore prima con Bicycle wheels – Omaggio a Duchamp una mostra diffusa su Siracusa e poi con l’apertura della galleria AmMare sotto la mia direzione e quella di Anna Milano, con cui condivido ormai molti dei mie progetti e per la sua apertura ho creato una mostra a hoc inserendomi nell’evento Manifesta che quest’anno lavorava su temi a me molto cari e cosi è nato Giardino Globale. Il progetto “Giardino Globale” prende come metafora l’idea di “giardino”, che si precisa nell’idea di una città organica, che vive e respira sotto il flusso di un’ eredità culturale e di un sincretismo tra le culture che la animano. Tale progetto avrà come sede Siracusa, città che si affaccia sul mediterraneo e che vive di continue aggregazioni e nuovi sincretismi (turismo internazionale e flussi migratori) che la rendono una nuova città globale. Il giardino è inteso come luogo in cui convivono forme di vita diverse che si mescolano e si adattano al tessuto urbano. Questo progetto è, nella pratica, la mia tesi di laurea in antropologia cultura che ha come titolo “Accostarsi sempre più verso una cultura ibrida” dalla teoria sono passato al campo come si dice nel gergo dell’antropologo e cosi ho preso spunto da Gilles Clément che vede la città come giardino e il mondo come “giardino planetario”, il progetto vede nell’artista e nelle sue azioni il ruolo di “giardiniere” che lavora ai cambiamenti della città, assumendosi la responsabilità dell’analisi di temi cruciali per la contemporaneità: cambiamenti climatici, diseguaglianze sociali, aumento della popolazione, scontro di culture, flussi migratori e disordini urbani. Siracusa, antichissima città portuale, testimone di molteplici culture e di un continuo fluire di persone, merci e capitali, che ambisce a ricoprire nuovamente questo ruolo.
-Puoi spiegare nel dettaglio il processo che ha portato alla scelta degli artisti?
Per l’evento ho coinvolto artisti di fama nazionale e internazionale che rappresentano gli esempi più stimolanti della molteplicità di linguaggi afferenti all’arte contemporanea:
Anna Milano Carè – Molise, Aldo Taranto – Sicilia, Andrea Buglisi – Sicilia, Carmelo Zappulla@http://externalreference.com/ – Sicilia, canecapovolto + Frametek – Sicilia, Danilo Torre – Sicilia, Emanuele Vittorioso – Sicilia, Pietro Ruffo – Roma, Salvatore Mauro – Sicilia, Saverio Magistri – Sicilia, Sebastiano Mortellaro – Sicilia, LetteraVentidue – Sicilia, Ben Hirst – Londra, Alfonso Peralta – Sicilia Ogni artista ha dato il proprio contributo per un “Giardino Globale “, l’opera che ha dato inizio alla manifestazione è stata la mia istallazione esterna permanente presso il dehors dell’Urban Center di Siracusa, dove ho scelto come supporto pittorico dei cerchi che, disposti su una grande parete, hanno creato una grande opera che ha preso il nome di Costellazione questa opera alta 8 metri e larga 16 metri rappresenta Ortigia dall’alto con i suo confini e monumenti più importanti, un omaggio alla città dove sono nato; alla collettiva si aggiunge l’opera di Pietro Ruffo dal titolo Italia a Pezzi ispirandosi ai geografi, cartografi e astronomi dell’antichità per riflettere sulla storia, i conflitti e le relazioni umane. La grande opera di Anna Milano NO SPACE NO TIME che esplora Gli abissi marini che sono abitati da forme di vita antichissime ed immortali, le Meduse. Esseri luminosi che, come stelle nello spazio siderale, abitano luoghi privi di spazio e tempo. L’opera fotografica di Saverio Magitri dal titolo Souvenir è nata da un laboratorio creativo presso un centro di accoglienza, prendendo ispirazione dai “social painting”, dove i protagonisti sono dei “migranti”. Accanto troviamo l’opera di Emanuele Vittorioso esperto nell’uso tradizionale della bomboletta spray che ha portato per la collettiva una delle sue tele caratterizzate dall’utilizzo di tinte e miscele cromatiche decisamente luminose, con la possibilità di compiere un intervento esterno alla città che lo vedrà coinvolto con la tecnica tipica dei writing. Mentre l’artista Andrea Buglisi di Palermo, ha sperimentato un intervento pensato per la galleria dal nome Altezza mezza salvezza, un cavallo da corsa dal corpo prestante leggero e tonico, bello per le sue caratteristiche di specie, raffigurato con dei trampoli legati alle caviglie. Il lavoro allude alla corsa sfrenata verso la perfezione che a volte rende ridicolo chi ciecamente la persegue, ma anche al tentativo di innalzare il proprio status sociale a tutti i costi. In basso quasi nascosto troviamo il video di Danilo Torre, il suo titolo preso da un’opera di W. Shakespeare The Tempest, che racconta la storia di Prospero. Questo video impiegherà alcuni “trucchi” cinematografici per descrivere lo sviluppo della città di Milano, attraverso i grattacieli sulle costruzioni. Nell’ultima stanza troviamo l’istallazione della casa editrice LetteraVentidue dal titolo #Tag dove sono stati selezionati dei libri della casa editrice più vicini ai temi del progetto, una sorta di biblioteca che serve a far riflettere lo spettatore e portarlo dentro le tematiche dell’evento stesso. Infine abbiamo anche creato tanti eventi collaterali per aprire la città alla conoscenza dell’arte e all’idea di vederla come un grande Giardino, con la performance #Souvenir di Saverio Magistri presso il tempio di Apollo e un poster presso piazza dei Mergulensi; la conferenza #Meteorite di Carmelo Zappulla dello studio “External Reference”, l’installazione #Siracusamarittima di Aldo Taranto e Sebastiano Mortellaro; lo Showcooking di Ben Hirst; un evento collettivo durante il quale hanno dialogato le performance #LiVEVISUAL di Frametek e #CIRCUITBENDING di canecapovolto.
-Come hanno interagito le persone con le loro opere? Ad evento finito, puoi valutare la risposta del pubblico di Ortigia?
Il pubblico è sempre curioso di scoprire tante cose che si nascondono nella città abbiamo, avuto una buona affluenza sia per gli eventi collaterali che per l’ inaugurazione dello spazio AmMare, mi volevo soffermare su uno degli eventi collaterali secondo me più significativo di questa manifestazione, lo Showcooking di Ben Hirst. Io e Ben siamo dei grandi amici nella vita privata, lui è uno chef che abita a Roma e lavora all’interno di un noto museo aperto da un collezionista. Ben è nato in Inghilterra ma è di animo romano, attaccato molto alla borgata romana con il suo locale Necci aperto al Pigneto. Sapevo che Ben era la persona giusta per ricreare sotto una nuova chiave di lettura un menu ad hoc consigliato dallo Slow Food con dei prodotti locali a km 0 di stagione, con la sua famiglia ha realizzato un menu straordinario quello che si può battezzare come menu ibrido tra una cultura nordica e quella mediterranea, l‘esperimento è stato un successo abbiamo dovuto creare una serata a numero chiuso e solo dopo 4 ore era sold out, Ben ha creato un menu molto raffinato che in un ristorante potresti pagare molto, ma l’abbiamo reso accessibile a tutti anche perché la filosofia di Giardino Globale è l’inclusione visto come pluralismo di realtà diverse, poi a seguire c’è stata la performance #LiVEVISUAL di Frametek e #CIRCUITBENDING di canecapovolto noto gruppo storico di cinema sperimentale, all’interno dell’ Himpact Hub luogo di incontro di molti stranieri che vogliono lavorare e passare una vacanza a Siracusa.
-In che modo i luoghi che hanno ospitato l’evento sono legati all’idea di Giardino Globale?
Visto che il mio progetto aveva anche l’idea di essere diffuso nella città, per coinvolgere le realtà più dinamiche, ho coinvolto la nuova accademia MADE Program dedicato all’Arte & Design e le sue tradizioni locali, l’Urban Center spazio di convivenza cittadina, l’Impact Hub luogo dove nascono tanti progetti dedicati alla sostenibilità, LetteraVentidue casa editrice ormai conosciuta a livello internazionale per le sue pubblicazioni sulle nuove frontiere dell’architettura internazionale e infine lo spazio che ho aperto insieme ad Anna, AMMARE presso palazzo Corpaci dedicato alla ricerca dei nuovi linguaggi della contemporaneità con sede in uno dei palazzi aristocratici settecenteschi nel centro di Ortigia. Questi luoghi sono diventati i punti cardinali della visione di Giardino Globale che hanno messo le basi per poi proseguire in una sua seconda edizione più articolata nel 2019.
-In particolare parlaci dello spazio Ammare e di progetti futui.
Lo spazio AmMare si trova in uno dei quartieri più dinamici dell’isola di Ortigia il Ghetto ebraico, infatti accanto abbiamo i bagni ebraici, si pensa siano fra i primi insediamenti in Europa del popolo ebraico. Lo spazio è di 80 mq disposto su strada accanto a una delle fortezze spagnole “Forte Vigliena” che si affaccia sul mare. Lo spazio AMMARE è all’interno del palazzo Corpaci sede del museo del cinema che non ha avuto vita facile infatti oggi non è più aperto, il palazzo ha delle caratteristiche architettonica classiche, infatti vi risiedeva dal ‘700 una famiglia spagnola aristocratica, ma non so molto della loro vita, rimane un mistero. La direzione dell spazio è affidata a me e Anna Milano Carè con la quale in passato ho collaborato nella creazione di Box Art Festival. Pensavamo da tempo a uno spazio con una sua sede e non più nomadi come siamo sempre stati, ahaha forse sarà l’età, scherzo… in verità vogliamo creare uno spazio dedicato alla ricerca dei nuovi linguaggi della contemporaneità e offrire anche uno spazio per il coworking ad altri creativi, il mio sogno è creare una cooperativa di artisti che producono e dialogano dello stesso tempo. Sarà inoltre un luogo di produzione culturale, che ospiterà mostre, eventi, happening, presentazioni di libri e concerti, ma il pezzo forte che verrà avviato a settembre è il temporary shop con una sua linea precisa dedicata agli artisti che sono all’interno dello spazio e quelli che hanno esposto, con prezzi più accessibili al grande pubblico. Quindi uno spazio versatile e modulabile, polifunzionale, certo siamo all’inizio di idee ne abbiamo tante ma come ci suggerisce lo stesso nome della galleria siamo in un mare, ma con il nostro salvagente.
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